Morihei Ueshiba
Fondatore dell'aikido
(14 dicembre 1883 – 26 aprile 1969)
Non esiste nemico nell’aikido.
Vi sbagliate se pensate che il Budo (arte marziale orientata in senso spirituale) significhi avere avversari e nemici ed essere forti e farli cadere.
Non ci sono né avversari né nemici per il vero Budo. Il Budo è una cosa sola con l’universo. Colui che ha penetrato il segreto dell’aikido ha l’universo in se stesso, e può dire “Io sono l’universo”. Io non sono mai stato sconfitto, per quanto velocemente il nemico potesse attaccare.
Questo non perché la mia tecnica è più veloce, non è un fatto di rapidità: il combattimento è finito prima di cominciare. Quando un nemico cerca di combattere con me, egli deve rompere l’armonia dell’universo, perciò nel momento in cui gli sorge l’idea di lottare, egli è già battuto: non c’è una misura del tempo veloce o lento.
Aikido è non resistenza, esso è sempre vincente.
Se il cuore è aperto e puro, non c’è spazio per il danno; e al livello più profondo, amore e volontà sono una cosa sola.
Morihei Ueshiba, fondatore dell’aikido, è nato il 14 dicembre 1883 in una famiglia contadina in una zona della Prefettura di Wakayama ora conosciuto come Tanabe, una cittadina non lontana da Osaka, dal padre Yoroku Ueshiba e dalla madre Yuki Itokawa, famiglia legata al clan dei Takeda. È il quarto di cinque figli e unico maschio e quindi accolto con grande gioia, come un “dono del tempio di Kumano” di Yoroku Ueshiba, un piccolo proprietario terriero e funzionario politico del locale consiglio comunale.
Dal padre Yoroku, ha ereditato la determinazione di un samurai e l’interesse negli affari pubblici, e da sua madre, un intenso interesse per la religione, la poesia e l’arte. Nella sua prima infanzia, Morihei era piuttosto debole e malaticcio, che ha portato alla sua preferenza di stare in casa a leggere libri invece di giocare fuori. Già all’età di otto anni, Morihei, iniziò lo studio dei classici cinesi sotto la guida di un prete della setta Shingon, Mitsujo Fujimoto (Ueshiba lo rammentava tra suoi maestri come “Mitsunori san del tempio di Jizo), e amava ascoltare le leggende miracolose dei santi taumaturgici “En no Gyoja” e “Kobo Daishi”, e si appassionò ai riti esoterici del buddhismo e allo stesso tempo apprendeva direttamente dalla viva voce della madre le leggende del monte Kumano.
Allo stesso tempo, il padre, per contrastare la sua fragilità e le sue tendenze mistiche, gli racconta le storie del bisnonno di Morihei “Kichiemon”, che si dice, essere stato uno dei più forti samurai del suo tempo, e lo incoraggia a praticare il sumo e il nuoto per irrobustire il proprio corpo.
Già dimostrava tuttavia capacità fisiche potenziali ed era considerato un esperto di pesca con l’arpione, arte appresa dal maestro Shingo Suzuki e che il figlio Kisshomaru ipotizza sia all’origine della rinomata abilità con la lancia acquisita più tardi.
S’iscrisse, ancora adolescente alla scuola Soroban di matematica e andò a lavorare presso il locale ufficio delle imposte. Qui entrò in contrasto con l’amministrazione per delle norme, a suo giudizio inique, che tassavano i pescatori e i contadini, indignandosi per le loro condizioni di lavoro, così si dimise e divenne il portavoce del movimento di protesta e partecipando alle manifestazioni per la riforma delle leggi che regolano la pesca. Nel periodo che segue le dure repressioni, il padre, notabile in paese cercò di indirizzarlo verso altri settori e fu così che nel 1902, finiti gli studi, Morihei si recò a Tokyo, dove fonda la “Compagnia Ueshiba” con lo scopo di commercializzare i propri articoli di libreria presso gli studenti del quartiere, attività che chiuse dopo pochi mesi.
A Tokyo, probabilmente impressionato dalla vicenda che vede coinvolto il padre picchiato a sangue da una banda di teppisti assoldati dai suoi avversari politici, inizia ad approfondire lo studio delle arti marziali per difendere se stesso e i suoi cari, mostrando subito una spiccata predisposizione per queste. Frequenta varie scuole e impara diversi stili di jujutsu, frequentando le scuole Tenshin Shin’yo Ryu (la stessa frequentata dal Maestro Jigoro Kano, fondatore del Judo Kodokan) con il Maestro Tokusaburo Tozawa e Kito-ryu, e la scuola di scherma giapponese al dojo Shinkage-ryu,
Colpito da un grave attacco di beri-beri (avitaminosi propria dei paesi ove è molto diffusa l’alimentazione con riso brillato – Cina, Giappone, Indie) è costretto a rientrare in famiglia a Tanabe, dove all’età di diciannove anni si sposò con Itogawa Hatsu.
Ripresosi dalla malattia, Morihei Ueshiba, decide di migliorare l’efficienza del proprio corpo riforgiandolo. Ciò avverrà applicandosi con caparbietà e rigore in un duro lavoro basato sul miglioramento della condizione fisica e sulla ricerca e potenziamento della forza pura. All’età di venti anni, non è ancora soddisfatto dei progressi già ottenuti (definiti da tutti comunque notevoli) e, quindi, intraprende lo studio della sciabola nell’ambito della Yagyu-ryu (sicuramente una delle più note all’interno del Giappone e oggi anche all’esterno del paese).
Con l’arrivo della guerra Russo-Giapponese, Morihei Ueshiba decise di arruolarsi nell’esercito senza riuscire a soddisfare i requisiti minimi di altezza per un solo centimetro (misurava 1.56). Nonostante fosse sconvolto decise di non rassegnarsi e recatosi nelle foreste, si fece sospendere a degli alberi con grossi pesi alle caviglie, in modo da allungare la colonna vertebrale.
Fu accettato a una seconda visita e fu arruolato nel 61° Reggimento di Fanteria di Wakayama dove, una volta partito per la guerra con la Russia, si guadagnò una solida reputazione sul campo negli scontri in Manciuria, distinguendosi per la propria condotta e ottenendo i gradi di Sergente. La sua attitudine al combattimento è notevole, tale da far si che i suoi compagni lo definiscano, con una sorta di soprannome, “Heita no kami sama” (Dio dei soldati), per le capacità a mani nude e nel maneggio della baionetta (Jukendo) mettendo in mostra abilità straordinarie nel prevenire gli attacchi.
Al di là dell’attitudine marziale, e nonostante la raccomandazione del comandante per l’Accademia Militare Nazionale, la guerra non è nei pensieri del Maestro e dopo quattro anni si dimise dall’esercito preferendo alla possibile carriera militare il lavoro dei campi nella fattoria di famiglia.
Questa scelta non gli farà dimenticare le arti marziali e il proprio impegno in questo senso, infatti, nel 1908 si guadagnò il suo primo Memkyo (diploma d’insegnamento) per le arti marziali dal Maestro Masakatsu Nai dello Yagyu-ryu.
Il padre trasformò il granaio della fattoria in un Dojo e invitò il Maestro Kiyoichi Takagi a insegnare judo al figlio. Durante questo periodo, il giovane Ueshiba divenne più forte e scoprì che possedeva grandi capacità. Allo stesso tempo, è diventato più interessato negli affari politici. Nella primavera del 1912, all’età di ventinove anni, il governo lanciò un appello affinché dei volontari andassero a vivere nella zona sottosviluppata di Hokkaido, Morihei riunì ottanta membri del suo villaggio e insieme alla moglie e alla figlia di due anni, partì guidando la spedizione. S’insediarono nella fredda regione del nord-est, vicino al villaggio di Shirataki, per i primi tre anni la vita fu durissima, ma all’improvviso crebbe la richiesta di legname e il paese prosperò. Morihei fu eletto membro del consiglio del villaggio con l’appellativo: “Il re di Shirataki”.
È durante questo periodo che, nel 1915 a Engaru, incontra Sokaku Takeda, Maestro di Daito-ryu Aikijujutsu, trentacinquesimo successore della Daito-ryu, considerato da molti uno degli ultimi veri samurai, personaggio indubbiamente complesso, che segna profondamente il cammino marziale di Ueshiba nel quale riconosce qualità elevate.
Sokaku Takeda si convince di poter trasmettere a Ueshiba le tecniche segrete del Daito-ryu. Morihei Ueshiba si fermò a Engaru fino all’ottenimento, in un tempo relativamente molto breve, del diploma Shoden Mokuroki (relativo alle 118 tecniche di base). Il Daito-ryu contiene, in gran parte, l’essenza tecnica dell’aikido che conosciamo, esso è, di certo, una utilitaristica e pura disciplina di combattimento ma Morihei Ueshiba seppe vedere oltre e utilizzarlo per trasformare completamente la propria pratica.
Dopo circa un mese, Ueshiba tornò a Shirataki, dove costruì un dojo e invitò Takeda Sokaku a viverci.
Nel 1919, dopo aver saputo che suo padre era gravemente malato, Ueshiba dopo aver venduto la maggior parte delle sue proprietà e lasciato il dojo a Takeda decide di partire per Tanabe lasciando definitivamente Hokkaido, ma durante il viaggio decide di fermarsi ad Ayabe, quartier generale della nuova setta shintoista chiamata Omoto-kyo, allo scopo di ottenere una preghiera speciale per suo padre e qui incontrerà una persona che segnerà profondamente la sua vita, Deguchi Onisaburo, capo carismatico della nuova religione attraverso il quale prende coscienza che la natura della forma e della tecnica è all’interno dell’energia spirituale, traendone ispirazione nella sua evoluzione. Morihei Ueshiba rimasto affascinato da Onisaburo, decide di fermarsi tre giorni aggiuntivi ad Ayabe, purtroppo troppi, infatti, una volta tornato a casa scoprì che nel frattempo suo padre era morto (2 gennaio 1920).
Duramente colpito a livello emotivo, decide di affinare i propri studi di meditazione e tre mesi dopo, una volta venduta la sua terra ancestrale, riparte per il tempio dell’Omoto-kyo ad Ayabe.
Il 1920 fu un anno terribile: morirono i suoi due figli a poca distanza, Takamori di tre anni e Kunji di uno colpiti da una malattia virale. Il solo figlio che sopravvisse fu Kisshomaru (nato nel 1921).
I successivi otto anni Morihei Ueshiba rimase ad Ayabe sotto la guida del Maestro Deguchi Onisaburo per studiare le dottrine dell’Omoto-kyo, specialmente il chinkon-kishin, “che calma lo spirito e ritorna al divino”.
Un pacifista, Deguchi era un sostenitore della resistenza non violenta e del disarmo universale. È stato notato per aver detto, “armamento e la guerra sono i mezzi con cui i proprietari terrieri ei capitalisti fanno il loro profitto, mentre i poveri soffrono”. È interessante che un uomo di questa natura si trovi così vicino a un artista marziale, come Ueshiba. Tuttavia, non ci volle molto per Deguchi per rendersi conto che il proposito di Ueshiba sulla terra era “per insegnare il vero significato del Budo: fine a ogni lotta e discordia”.
È importante rilevare che l’aikido in origine è intrinsecamente permeato dai principi dell’Omoto Kyo, e che questi sono alla base di una concezione “umanistica” della pratica marziale che Ueshiba sintetizzerà. Lo studio di Omoto-kyo e la sua associazione con Onisaburo hanno profondamente influenzato la vita di Ueshiba che dichiarò che, mentre Saokaku Takeda gli aprì gli occhi sull’essenza del Budo, la sua illuminazione è arrivata dalle sue esperienze con Omoto-kyo.
Nel frattempo Sokaku Takeda continuò a visitare Morihei fino alla sua morte nel 1934, e gli diede nel 1922 il diploma Kyoju Dairi, grado d’istruttore che lo certifica quale rappresentante della Daito-ryu.
Onisaburo consigliò a Morihei Ueshiba di creare un proprio stile, differente da quello di Sokaku, che creasse un metodo armonico tra gli uomini, Ueshiba aprirà quindi un proprio dojo a Tokyo, dove inizierà a insegnare l’aiki-budo, specchio del Daito-ryu e scheletro dell’aikido.
Questo grande lavoro e coinvolgimento, sommato a un’austerità nel modello di vita, porta il Maestro Ueshiba sempre più vicino a una rivelazione di tipo mistico. Il momento avviene nel 1925, dopo un combattimento a scopo dimostrativo con un ufficiale di marina. Durante il combattimento dimostra l’impossibilità di essere colpito, il Maestro racconterà che una sorta di preveggenza gli aveva permesso di intuire la provenienza dei colpi prima che questi fossero inferti, al termine della dimostrazione subisce quella che si potrebbe definire un’illuminazione:
“L’origine del vero Budo è l’amore universale e spirituale”.
“Il Budo non è vincere con la forza contro un avversario, ma conservare la pace nel mondo temporale e spirituale”.
Nel 1931 inizia l’attività nel Dojo Kobukan a Wakamatsu-cho, Shinjuku di Tokyo che diventerà poi il centro mondiale dell’aikido (Hombu Dojo Aikikai).
Fino allo scoppio della seconda guerra mondiale, Morihei insegnò incessantemente, poi durante la guerra, nel 1942, presumibilmente a causa di un comando divino, decise di tornare ai campi coltivati. Egli aveva spesso detto che “Budo e l’agricoltura sono uno”. La guerra aveva svuotato il Kobukan, e lui era stanco della vita cittadina. Lasciando il Kobukan nelle mani di suo figlio Kisshomaru, si trasferisce nella Prefettura di Ibaraki nel villaggio di Iwama. Qui costruisce un dojo all’aperto e l’ormai famoso santuario Aiki.
Iwama è considerato da molti come il luogo di nascita del moderno aikido, “la Via dell’Armonia”. Prima di allora, il suo sistema era stato chiamato aikijutsu, poi aikibudo, ancora principalmente un’arte marziale piuttosto che un percorso spirituale. Dal 1942 (quando il nome aikido è stato utilizzato per la prima formalmente) al 1952, Ueshiba ha consolidato le tecniche e perfezionato la filosofia religiosa dell’aikido.
Dopo la guerra, l’aikido cresce rapidamente al Kobukan (ora chiamato Hombu Dojo) sotto la direzione di Kisshomaru Ueshiba. Morihei Ueshiba era diventato famoso come “O’Sensei” (Gran Maestro), ricevendo molte decorazioni dal governo giapponese. Fino alla fine della sua vita, O’Sensei affinò e migliorò la sua “Via”, senza mai perdere la sua dedizione per il duro allenamento.
All’inizio della primavera del 1969, O’Sensei Morihei Ueshiba si ammalò. La mattina presto del 26 aprile 1969, l’ottantaseienne O’Sensei prese la mano di suo figlio Kisshomaru, sorrise e disse: “Abbi cura delle cose” e morì. Due mesi più tardi, Hatsu, sua moglie di sessantasette anni, lo seguì. Le ceneri del fondatore dell’aikido, O’Sensei Morihei Ueshiba, sono sepolte nel tempio di famiglia a Tanabe.